Summary

Quella notte all’Heysel di Emilio Targia è un’opera di testimonianza e coscienza. Ricostruisce con rigore e profondità la tragedia dello stadio Heysel del 1985, in cui persero la vita 39 persone durante la finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool. Attraverso voci, ricordi e documenti, Targia dona volto e dignità alle vittime, offrendo al lettore un viaggio doloroso ma necessario nella memoria collettiva. Un libro che parla di sport, ma soprattutto di umanità, di responsabilità e di giustizia.

Quella notte all’Heysel

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TitoloQuella notte all’Heysel
AutoreEmilio Targia
Casa EditriceSperling & Kupfer


Ci sono libri che non si cercano, eppure bussano alla porta con la forza di una memoria collettiva che pretende attenzione. Quella notte all’Heysel arriva come una marea, lenta e inesorabile, che ti raggiunge anche se provi a voltarti dall’altra parte. Ti tocca nel profondo, ti scava dentro, e lo fa senza violenza, ma con la gravità di chi sa che certe verità vanno attraversate, non aggirate.

Targia non scrive con l’urgenza di chi vuole raccontare, ma con la compostezza di chi ha ascoltato, raccolto e digerito dolore, prima ancora di metterlo su carta. Ogni parola che sceglie è pesata, rispettosa, necessaria. Non c’è una riga che suoni compiacente, non un passaggio che cerchi lo scandalo. In questo testo non c’è spazio per la retorica: c’è spazio solo per il rispetto. Il rispetto per chi c’era, per chi non c’è più, per chi ha dovuto imparare a sopravvivere al vuoto.

La notte dell’Heysel non è solo un evento tragico: è uno spartiacque emotivo, un punto di rottura nella coscienza collettiva. È lì che qualcosa si è spezzato, qualcosa che va oltre il calcio, oltre lo sport. Quella notte è diventata un confine: tra ciò che eravamo e ciò che siamo stati costretti a diventare. Un passaggio oscuro che ha lasciato cicatrici non solo sui corpi, ma anche sulle istituzioni, sulle famiglie, sul senso stesso della parola “tifo”.

In queste pagine, Emilio Targia compie un atto quasi liturgico: accende candele nel buio. Dà voce ai sopravvissuti, ai testimoni, ai familiari. Riporta alla luce i nomi, le storie, i ricordi. Lo fa con uno stile asciutto e allo stesso tempo coinvolto, con l’eleganza di chi sa restare un passo indietro rispetto alla storia, ma con la forza interiore di chi non distoglie mai lo sguardo.

Le vittime, i superstiti: non sono figure da commemorare, sono anime che continuano a camminarci accanto. Leggere questo libro significa sedersi accanto a loro, in silenzio, e ascoltare. Accettare il dolore senza minimizzarlo, guardarlo negli occhi, lasciarsi trasformare. Perché ogni riga è un invito: a ricordare, a cambiare prospettiva, a non voltarsi mai dall’altra parte.

L’esperienza di lettura somiglia a un rito intimo. Ci si ritrova a sfogliare le pagine come si sfoglia un album di famiglia che si credeva perduto. Ogni testimonianza ha il peso di un sasso sul petto, ma anche la forza di una mano che ti accompagna. Si impara, leggendo, a dare un nome al silenzio. Si impara che la memoria, se accolta davvero, diventa coscienza.

Quando il libro finisce, non si chiude davvero. Resta un rumore sordo in fondo al petto, una voce che non smette di farsi sentire, anche quando tutto tace. Non è solo il ricordo a pesare: è la vergogna, è la responsabilità, è la domanda che rimbalza: “E se al posto loro ci fossimo stati noi, con i nostri figli, le nostre mani, i nostri sogni pronti a svanire in un attimo?“. Non tutto trova una soluzione. Alcune tragedie chiedono solo una cosa: che non le si tradisca dimenticandole.

Questa storia va trasmessa. Va guardata in faccia, anche quando brucia. Va raccontata ai figli, e ai figli dei figli, perché capiscano che la passione è un fuoco sacro solo se non diventa furore. Che lo sport è vita solo se non si fa strumento di morte. E che la memoria non è una cerimonia, ma un impegno.

Alle nuove generazioni, questo libro parla chiaro: non cercate eroi nel rumore. Cercateli nel silenzio di chi ha scelto di restare umano quando tutto intorno implose. Perché solo chi ha imparato a ricordare, davvero, può cambiare il futuro.

Cima Bue

Quella notte all’Heysel di Emilio Targia è un’opera di testimonianza e coscienza. Ricostruisce con rigore e profondità la tragedia dello stadio Heysel del 1985, in cui persero la vita 39 persone durante la finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool. Attraverso voci, ricordi e documenti, Targia dona volto e dignità alle vittime, offrendo al lettore un viaggio doloroso ma necessario nella memoria collettiva. Un libro che parla di sport, ma soprattutto di umanità, di responsabilità e di giustizia.Quella notte all’Heysel